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Parlare della morte ai propri figli

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Parlare della morte ai proprio figli non è mai facile:

non si sa quando iniziare,

non si sa se i bambini siano pronti.

Come fargli capire bene quello che comporta la morte?

In questa puntata analiziamo brevemente cosa conviene fare e come farlo.

L’articolo da cui ho preso spunto: http://antrodichirone.com/index.php/it/2018/05/22/come-si-spiega-la-morte-ai-bambini/

 

Scrivimi, mi fa molto piacere ricevere consigli, critiche o idee per portare avanti questo podcast:
https://m.me/pedgabrielezanoni

Musica: www.bendsound.com

Se hai TEMPO e preferisci LEGGERE invece che ASCOLTARE, questo è per TE:

Questo è il primo podcast creato per sostenere i genitori nel bellissimo, ma altrettanto faticoso, compito di educare i propri figli. Attraverso riflessioni, idee e strategie cercheremo di trovare risposta alle principali domande che affliggono i genitori. Io sono Gabriele Zanoni e questo è: “Genitori perfetti o quasi”.

Ciao a tutti e benvenuti da Gabriele Zanoni su: “Genitori perfetti o quasi”, questo è il primo podcast che si occupa di educazione per i genitori, in modo che possano trarne un aiuto a crescere i propri figli in maniera equilibrata.

L’argomento di oggi è: parlare della morte ai propri figli.

Lo spunto nasce da un articolo di Federica Leoni, tratto da “L’antro di Chirone” di cui trovate il link in descrizione.

La prima domanda che ci dobbiamo porre è: si può parlare della morte ai bambini? Assolutamente si.

Il perché è molto semplice: la morte fa parte del percorso di vita di ognuno, tutti noi, prima o poi, entriamo in contatto con la morte. È necessario, dunque, trattarla.

Il problema che sorge nei genitori spesso e volentieri è quando parlare di questo argomento. Meglio prepararsi prima di doverlo affrontare direttamente. Arriverà un momento in cui i bambini, per quanto ci sforziamo di proteggerli, dovranno affrontare una perdita. Conviene, allora, iniziare un’azione di preparazione fin da subito. Intanto è importante capire come vede la morte un bambino: fino ai tre anni, il bambino è completamente indifferente rispetto alla morte, non la comprende, addirittura la morte fisica è come se non esistesse, è proprio qualcosa di inconcepibile, al di fuori della sua comprensione. Sente la mancanza del legame ma non comprende ciò che è accaduto, non comprende la morte della persona cara; dai 3 ai 5 anni c’è l’idea di una morte reversibile, temporanea, è un concetto un po’ magico, un po’ mistico, è qualcosa che porta via ma che può anche riportare indietro; dai 6 ai 10 anni inizia ad essere chiaro al bambino che è un evento definitivo, che nel momento in cui una persona muore non ritorna, è un evento da cui non si torna indietro. Manca tuttavia un’analisi delle emozioni che tutto questo gli scaturisce, non è in grado di comprenderle; dai 10 anni in su la morte è compresa per ciò che è: qualcosa di assolutamente irreversibile che può colpire chiunque e c’è un capacità di analisi delle proprie emozioni abbastanza evidente e forte.

A seguito di un lutto si attraversano una serie di fasi che è bene conoscere al fine di aiutare meglio i nostri bambini:

-La prima fase è la negazione: il continuare a ripetersi che la persona non è morta, aspettarsi di rivederla, o che magari addirittura possa dirci ancora qualcosa;

-La seconda fase è il patteggiamento: è il tentativo di trovare qualcosa in modo che l’altra persona ritorni. Nei bambini in particolare può esserci un pensiero simile a: “se faccio il bravo lui/lei tornerà”;

-La terza fase è la rabbia: dal momento che il patteggiamento non funziona si sperimenta la rabbia che si manifesta con frustrazione ed esplosioni di ira.

-La quarta fase è la depressione: in questo caso non si nega più, non si patteggia più, non ci si arrabbia più, si è semplicemente tristi, ci si sente soli e abbandonati.

-L’ultima fase è la fase dell’accettazione: si ricomincia a vivere e ad organizzare la propria vita.

Queste fasi non sono necessariamente lineari, spesso, anzi, ci sono regressioni e salti da una fase all’altra.

Ma adesso, in modo pratico, cosa possiamo fare per aiutarli ad affrontare al meglio la morte? L’intervento può essere diviso in due parti: cosa fare prima e cosa fare dopo che il bambino venga a contatto con una perdita vicina a sé, una perdita diretta.

Per quanto riguarda il prima, intanto, conviene parlare della morte come un fatto naturale e magari affrontare argomenti come: la morte di un animale, la morte di una pianta, o affrontare la morte di una persona a loro distante, sfruttando la vista di un carro funebre o di una messa celebrativa.

Bisogna accentuare il fatto che è una cosa che succede.

Con i bambini inoltre, sarebbe meglio evitare quella pericolosa (seppur estremamente poetica) tendenza di associare la morte al sonno, all’addormentarsi, il concetto del “sonno eterno”, può infatti causare paure e ansie nel momento del sonno, per cui il rifiuto di dormire al buio perché: “se mi addormento, muoio”.

È bene inoltre, quando si parla di questo argomento, rispondere sempre alle loro domande con sincerità.

Come ultimo consiglio: evitare discorsi dogmatici teologici molto astratti. Se si ha una fede religiosa, spiegare in base alla propria religione, in modo che sia chiaro che credete veramente in quello che dite. Ricordate che i bambini sono molto attenti all’incoerenza degli adulti, quindi capiscono subito se avete fede in ciò che dite.

Cosa fare invece dopo, nel momento in cui c’è una perdita?

Parlare, una cosa importantissima da fare è parlare, parlare col bambino, farlo parlare, farlo esprimere, far si che lui racconti cosa sente e cosa prova. Assistere al funerale della persona cara può essere molto d’aiuto, è una sorta di punto definitivo, fa capire al bambino che quella persona lì non tornerà più, aiuta a chiudere un cerchio e non lo lascia in quel limbo del tornerà, non tornerà.

Ovviamente la solitudine e l’abbandono si sentono forti e sono sentimenti da evitare assolutamente. L’unica soluzione è quella di stare molto vicino al bambino, non necessariamente a parole, la sola presenza fisica, il semplice farsi vedere, può aiutare ad attenuare quel vuoto opprimente che si è creato.     Alcuni bambini hanno delle regressioni, l’attaccamento a una persona morta fa sì che loro tornino ad un’età pregressa per percepire le cure degli adulti.

Non bisogna rimproverare i cambi di umore, come abbiamo detto, infatti, le fasi del lutto variano: negazione, patteggiamento, rabbia, depressione e accettazione, potrebbero esserci dei cambi molto veloci e momenti di rabbia esplosiva, che è bene provare a comprendere.

Se il bambino non parla e non si esprime, l’arte, il gioco e la narrazione, sono validi alleati per aiutarlo a esprimere i proprio sentimenti.

In sintesi:

  1. si può parlare della morte al bambino e bisogna affrontare l’argomento il prima possibile;
  2. le fasi del lutto sono: negazione, patteggiamento, rabbia, depressione e accettazione;
  3. azione di preparazione al lutto: prima di arrivare ad una perdita bisogna parlare della morte come un fatto naturale, non associare la morte al sonno, rispondere alle loro domande in maniera sincera ed evitare discorsi dogmatici.
  4. affrontare il lutto: parlare, assistere ai funerali, stare vicini al bambino, non rimproverare i cambi d’umore, utilizzare l’arte il gioco e la narrazione per esprimersi.

Spero che questo argomento, sicuramente molto forte e impegnativo da affrontare anche per noi adulti non vi abbia scosso più di tanto ma vi abbia dato qualche strumento per affrontare meglio questo argomento con i vostri figli.

Se avete qualche minuto, in caso abbiate trovato questo podcast interessante, vi chiedo di condividerlo e ricordate: buoni genitori non si nasce, buoni genitori si diventa!.

Questo è il primo podcast creato per sostenere i genitori nel bellissimo, ma altrettanto faticoso, compito di educare i propri figli. Attraverso riflessioni, idee e strategie cercheremo di trovare risposta alle principali domande che affliggono i genitori. Io sono Gabriele Zanoni e questo è: “Genitori perfetti o quasi”.

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